La famiglia al centro: tre giorni di congresso a Verona
Filippo Savarese, direttore della campagna italiana di CitizenGo, dal palco allestito davanti a palazzo Barbieri di Verona ha chiuso il Congresso mondiale delle famiglie (Wcf) urlando ad alta voce: “Siete degli eroi”, rivolgendosi ai partecipanti

Filippo Savarese, direttore della campagna italiana di CitizenGo, dal palco allestito davanti a palazzo Barbieri di Verona ha chiuso il Congresso mondiale delle famiglie (Wcf) urlando ad alta voce: “Siete degli eroi”, rivolgendosi ai partecipanti che affollano il piazzale. Con lui c’erano gli organizzatori della manifestazione: Tony Brandi di ProVita, Massimo Gandolfini di Difendiamo i nostri figli, il portavoce del Congresso Jacopo Coghe, ma anche lo statunitense Brian Brown, amico di Donald Trump, che arringava: “Alziamoci in piedi, battiamoci per la famiglia, noi siamo qui per dirvi che non siete soli”. Gli slogan erano:“Viva la famiglia”, “Viva Dio e la fede”, mentre sventolavano le bandiere di Militia Christi, il movimento ultracattolico legato a Forza Nuova, il partito che era in piazza con il suo rappresentante veronese Luca Castellini, che il giorno precedente aveva lanciato una campagna per riformare la legge 194, che dal 1978 in Italia ha depenalizzato l’aborto.
Chi c’era e cosa ha detto
Forza Nuova porta in piazza tre cartelloni in bianco e nero con la scritta: “Dio, patria, famiglia”. C’erano le bandiere di Alleanza Cattolica e i cartelloni dei Giuristi per la Vita. La comunicazione dei Comitati Difendiamo I Nostri Figli è più easy: palloncini colorati blu e rosa, magliette con dei fumetti che rappresentano una donna, un uomo, dei bambini e molti cuori.
Il comitato ProVita, sempre legato a Forza Nuova, portava in piazza cartelli colorati blu e rosa in cui scriveva: “Nulla è tanto dolce quanto la propria patria e la famiglia”.
Negli ultimi anni i movimenti pro life hanno deciso di abbandonare la comunicazione più aggressiva contro l’aborto e le unioni omosessuali e provano a concentrarsi su messaggi positivi legati alla famiglia, ma molti attivisti continuano a portare in piazza i vecchi slogan: i gadget con i feti di plastica e le foto degli embrioni. La maggior parte dei partecipanti alla marcia per la famiglia non ha voluto parlare con la stampa: un leitmotiv dei tre giorni del Congresso per le famiglie di Verona
La stampa, ospite poco gradito
Il primo giorno i partecipanti erano in fila di prima mattina fuori dal palazzo della Gran Guardia, un edificio del diciassettesimo secolo nella piazza principale di Verona, piazza Bra. I giornalisti si avvicinavano ai partecipanti per fare delle interviste, ma il responsabile della sicurezza in abito scuro e cravatta passava vicino ai partecipanti e chiedeva di non parlare con la stampa.
Sui social qualcuno ha affermato: “La stampa sta scrivendo che siamo omofobi, retrogradi, ci sta descrivendo come brutti e cattivi, ma sono tutte falsità. Noi siamo solo a favore della famiglia”.
Mentre i giornalisti entravano nella sala stampa allestita all’ingresso della Gran Guardia, ma erano tenuti fuori dall’auditorium dove si svolgeva l’evento, cominciavano ad arrivare i primi ospiti tra le note di “Mamma son tanto felice, perché ritorno da te”.
Brian Brown presidente dell’Organizzazione internazionale per la famiglia, un quacchero statunitense che si è convertito al cattolicesimo e che è molto vicino all’attuale presidente degli Stati Uniti, è il primo a parlare. Nove figli, avvocato e strenuo attivista contro i matrimoni tra persone dello stesso sesso negli Stati Uniti, Brown ha chiarito nel suo discorso che si tratta di difendere la famiglia “naturale”, quella formata da un uomo e da una donna e dai loro figli. Ma la sua narrazione poco conflittuale è sembrata in contrasto con il discorso che poco dopo è stato pronunciato da Allan Carlson, l’ideatore del Congresso mondiale delle famiglie, ex funzionario dell’amministrazione di Ronald Reagan negli Stati Uniti e fondatore del Centro per la famiglia, la religione e la società.
La battaglia contro chi va “contro natura”
Per Carlson i pro life e i pro family devono combattere “una guerra” contro “i nemici della famiglia naturale”, sono come “soldati morali” chiamati a battersi contro chi “ha interpretato male la natura umana”. Le famiglie di tutte le culture “si devono unire” contro chi “ha abbracciato la cultura della morte”.
In platea era seduto anche il senatore leghista Simone Pillon, primo firmatario di un controverso disegno di legge in discussione al senato che vorrebbe imporre l’obbligo della mediazione a pagamento per le coppie con figli che si vogliono separare. Pillon portava in bella vista sulla giacca la spilletta della Lega e quando gli è stato chiesto se il Congresso mondiale delle famiglie abbia delle conseguenze politiche, lui ha risposto che “le idee e le opinioni poi diventano leggi”. Anche Pillon ha attaccato i giornalisti, accusandoli di avere diffuso notizie false sul ddl, per esempio quando hanno detto che non garantisce la dovuta protezione alle donne che sono vittime di violenza domestica.
La stampa è stata uno dei principali obiettivi polemici nei discorsi degli ospiti del tredicesimo Congresso mondiale delle famiglie che si è svolto a Verona dal 29 al 31 marzo con il patrocinio del Comune, della Provincia e della Regione, oltre che del ministero della famiglia. A molti giornalisti, soprattutto stranieri, è stato negato l’accredito per entrare nel palazzo della Gran Guardia. Tra loro la giornalista tedesca Patricia Hecht della Tageszeitung, che aveva chiesto l’accredito a febbraio, ma si è vista rifiutare l’ingresso con la motivazione che c’erano altri giornalisti tedeschi già accreditati. La stessa cosa è successa alla giornalista del Guardian Angela Giuffrida.
A preoccupare gli analisti e gli osservatori, però, è soprattutto il piano politico: per tre giorni gruppi di estremisti antiaborto, contrari alle unioni tra persone dello stesso sesso, lobby spesso legate all’estrema destra, si sono riuniti a Verona per elaborare una strategia politica comune, a poche settimane dalle elezioni europee, ricevendo il pieno appoggio delle istituzioni italiane. Lo slogan della manifestazione era: “Il vento del cambiamento: l’Europa e il movimento globale pro family”.
Tanta politica
La tre giorni ha avuto una forte caratterizzazione politica. Nella lista dei partecipanti al Congresso si trovano infatti persone che hanno ruoli istituzionali: parlamentari, amministratori locali, ministri, leader religiosi, imprenditori, aristocratici.
Sabato 30 marzo, mentre il ministro dell’interno Matteo Salvini stava arrivando a Verona per partecipare al Congresso delle famiglie, migliaia di attiviste da tutta Italia hanno sfilato per le vie della città per protestare contro il Congresso e per proclamare la città di Romeo e Giulietta “transfemminista”.
Per la portavoce di Non una di meno Verona Laura Sebastio “il bilancio è stato estremamente positivo, la risposta è stata incredibile, tutti i nodi territoriali hanno risposto all’evento, ma anche tante altre associazioni”. Sebastio ha risposto alle critiche di chi ha detto che le femministe con le loro proteste hanno dato troppa visibilità a dei gruppi minoritari di estremisti religiosi: “Era ora che le cose venissero allo scoperto, erano anni che attraverso, per esempio, la campagna contro i diritti delle donne e degli omosessuali alcuni temi dei comitati per la vita si sono diffusi nel dibattito pubblico italiano. Questa manifestazione è servita anche a far emergere queste connessioni, anche perché questa lobby è ormai arrivata al governo”. Salvini intanto era arrivato al Congresso dove ha incontrato Katalin Novák, che aveva parlato appena prima di lui. Novák ha espresso la sua vicinanza al governo italiano e ha parlato di amicizia e collaborazione tra Budapest e Roma. “Dal 1 gennaio in Ungheria le madri che hanno il quarto figlio non devono pagare le tasse. Immagino che molti di voi abbiano quattro figli qui in platea, quindi benvenuti in Ungheria”, ha scherzato Novák dal palco, ammiccando alla platea. “Voi italiani avete sempre più amici, l’Europa è la nostra Europa. Noi stiamo collaborando con l’Italia non solo per l’immigrazione ma anche per la famiglia. Spero che insieme possiamo cambiare l’Europa”, ha concluso la ministra ungherese che dopo essere scesa dal podio ha scambiato alcune battute con il ministro dell’interno italiano.
In definitiva una tre giorni che al di là delle polemiche ha portato alla ribalta il problema della famiglia che vive grandi sofferenze ma anche grandi cambiamenti, tra chi difende la tradizione e chi sostiene il diritto alla tutela delle famiglie allargate e diverse: una convention da cui però anche Papa Francesco ha preso le distanze soprattutto per alcune prese di posizione eccessivamente estremiste dei partecipanti e tuttavia bisogna riflettere sul perché oggi si avverte la necessità di dover difendere la famiglia e i suoi elementi tradizionali.
MARIA MICHELA ACAMPORA