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Accuse e diffamazioni, la scorrettezza della bassa politica

Le accuse costruite ad arte e la diffamazione per distruggere gli avversari politici sono sempre più usati da pseudo politici ormai arrivati alla frutta.

Le accuse costruite ad arte e la diffamazione per distruggere gli avversari politici sono sempre più usati da pseudo politici ormai arrivati alla frutta.

Il “caso Lega” a Latina, uno scandalo fabbricato dai pentiti del campo nomadi, è soltanto l’ultimo di tanti episodi accaduti negli anni e non solo in grandi realtà ma anche in piccole realtà come la nostra. Da anni ormai alcune fazioni ed alcune persone si attribuiscono l’investitura di essere i “buoni”, tentando in tutti i modi di screditare i propri avversari facendolo apparire come i “cattivi” della situazione.

 

Per diffamare ci vuole poco, basta tirar fuori ciclicamente la stessa notizia e crocifiggere sui giornali e su ogni mezzo di comunicazione i propri avversari. Così nasce lo “scandalo” rom di Latina e il presunto appoggio alla Lega. In realtà, siccome si parla di elezioni 2016, parliamo di una bufala su soggetti politici diversi e all’epoca persino contrapposti. Basta vedere un po’ di dati dopo essersi cibati delle parole dei soliti pentiti, questa volta zingari.

 

E’ una storia su cui si farebbe bene a prestare attenzione. Anche chi non sostiene Salvini deve riflettere sugli effetti speciali provocati dal solito circuito mediatico. Associare il partito del ministro dell’interno alla mafia, per di più rom, è operazione devastante se non è vera.
Due pentiti, due nomadi delle bande di Latina, decidono di vuotare il sacco, anche sui cosiddetti rapporti con la politica. I due angioletti, Agostino Riccardo e Renato Pugliese, tirano fuori nomi, cognomi, liste, manifesti, soldi, una gran confusione che serve ad esempio al Pd per ritirare fuori la testa, già perché spunta Zingaretti a dire che sarebbe gravissimo se la mafia rom avesse procacciato voti alla Lega, senza preoccuparsi di verificare se è vero (lui, smemorato, che i soldi per le elezioni li ha presi da Salvatore Buzzi).

 

Il segretario del Pd si dimentica che qualche settimana fa gli hanno portato in carcere il signore dei voti di Trapani Ruggirello. Si sarà scordato delle cosche siciliane che rovesciavano consensi ai suoi. A Ostia il Pd locale, rivelò un pentito, pagava il pizzo ai clan locali per la sede del partito che in tutta Italia vanta una marea di arrestati e indagati. Ora si tenta di rovesciare lo schema, chiedendo con Morassut che Salvini vada all’antimafia a “spiegare”. La prima pagina del Fatto di ieri è servita a far parlare il presidente dell’Antimafia, Morra, e il solito senatore grillino Dessì, quello della casa popolare a prezzo d’amico. E’ sciacallaggio, perché ballano su persone non indagate e anche se lo fossero sulla base delle dichiarazioni di rom pentiti, si farebbe bene ad essere cauti. Prima o poi lo sputo per aria torna giù. Il caso De Vito dovrebbe insegnare qualcosa.

MASSIMILIANO CUOMO

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