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La mozzarella di Agerola non è agerolese

Rendiamo pubblico il post del nostro lettore Vincenzo Apuzzo sull'argomento mozzarella e, in generale, sul primario ormai sempre meno rilevante ad Agerola.

Negli ultimi anni (questo blog ne è un esempio perfetto) l’economia agerolese ha visto un boom del settore terziario. Contestualmente il settore primario è andato via via perdendo valore. Si dirà segno dei tempi che cambiano. E infatti non è solo ad Agerola che la gente si allontana dai campi, dalle stalle e dalle fattorie per spostarsi verso il settore dei servizi, che garantisce guadagni più facili e mani decisamente più pulite. Eppure il tempo in cui il primario ad Agerola era il settore più redditizio che trainava l’economia cittadina non appartiene al passato remoto. Solo trent’anni fa la situazione era molto diversa.

Rimanendo in tema, oggi vogliamo rendere pubblico il post del nostro lettore Vincenzo Apuzzo, che riportiamo qui integralmente modificando pochissime parole all’unico scopo di rendere la lettura più scorrevole. Sono parole che noi, redazione de “La Voce di Agerola”, sottoscriviamo completamente.

 

 

Tutti siamo cresciuti avendo un sogno nel cassetto. Il mio era quello di avere un’azienda agricola ad Agerola, tanto da iscrivermi ad un università per capire come svolgere al meglio il mio lavoro. In questi giorni ho sentito parlare molto delle tradizioni e dei prodotti tipici. Sapete cosa penso? È tutta una messa in scena. Girando per Agerola le mucche che si vedono si possono contare sulle dita delle mani. E vorremmo parlare di Fior di Latte e Provolone del Monaco? Ma per favore! Lo stesso prodotto di Agerola si può produrre ovunque, non c’è differenza, dato che le materie prime vengono tutte da fuori paese. Lo stesso vale per l’agricoltura: ormai è rimasto solo qualcuno che coltiva qualcosa per sé; i restanti non fanno altro che arrecare danno inquinando la terra e le falde acquifere: basta vedere il numero di malati di tumore, in percentuale superiore a quello di città. Tutto questo mi va bene, io sono tra i tanti che non gode di alcun beneficio dal turismo presente ad Agerola, non mi lamento per questo. Però sentire che ad Agerola ci sono “fiumi di latte bianco e spumeggiante” mi fa ridere da una parte e piangere da un’altra. Se penso al mio passato, sento parlare di prodotti tipici e vedo piante di pera pennata che stanno appassendo senza che nessuno cerchi di capire se si può fare qualcosa. Lo stesso vale per le noci i castagni: tutto abbandonato a parte qualche appassionato. Mi fermo perché potrei scrivere per ore. Vorrei dire a certe persone: “MA FATEMI IL PIACERE”. Quando sono stato costretto a vendere gli animali ho detto che era venuto il mio turno, poi sarebbe toccato ai caseifici e ai macellai perché non si può imbrogliare all’infinito!

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