Il coronavirus mette a rischio anche il referendum del 29
Si avvicina sempre di più il giorno del referendum sul taglio dei parlamentari, anche se il rischio rinvio è relativamente alto.

Mancano 27 giorni al referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Salvo imprevisti, domenica 29 marzo tutti i cittadini italiani aventi diritto saranno chiamati a dire la propria su una questione importante che riguarda strettamente la democrazia.
Prima di approfondire i temi riguardanti il referendum, è doverosa una premessa: com’è noto, l’Italia è alle prese con l’emergenza coronavirus. In particolar modo in Lombardia la situazione è difficile, con il numero di infetti e di decessi che cresce ogni giorno di più. Molte attività produttive, anche in altre regioni settentrionali, sono ferme. I concerti, le partite di calcio di ogni categoria e in generale tutti gli eventi che prevedono l’assembramento di un gran numero di persone sono parecchio limitati. Per questi motivi, anche il referendum del 29 marzo è attualmente a rischio. Il premier Giuseppe Conte, in un’intervista rilasciata la settimana scorsa a “Il Fatto Quotidiano”, ha dichiarato che il rinvio del referendum è una ipotesi e che una decisione definitiva verrà presa nei prossimi giorni. Attendiamo novità entro la fine della settimana corrente, dato che un preavviso di circa 20 giorni sarebbe doveroso per il rinvio di un evento così importante.
Passiamo ora al quesito referendario. Senza scendere troppo in tecnicismi, il Movimento 5 Stelle (supportato anche da altri partiti) è riuscito, dopo mille difficoltà, a presentare una proposta di legge che preveda il taglio del numero dei parlamentari. Anche il numero dei senatori a vita verrebbe limitato a 5 se al referendum vincesse il “sì”. L’Italia, attualmente, è al terzo posto in Europa per numero di deputati. Al primo posto c’è la Germania con 709 rappresentanti, seguita dal Regno Unito con 650. L’Italia al momento ne ha 630. Se il “sì” al referendum dovesse risultare vincente, il numero passerebbe a 400, facendo scendere l’Italia al quinto posto (la Francia ne ha 577 e la Polonia 460).
I sostenitori del sì si fanno forti del fatto che se la riforma dovesse passare, gli italiani risparmierebbero milioni di euro ogni anno e il nostro paese avrebbe più di duecento “privilegiati” in meno.
I sostenitori del no fanno notare che se il numero di deputati dovesse diminuire, i cittadini avrebbero meno rappresentanti al Senato e alla Camera e soprattutto risparmierebbero una cifra che rappresenta lo 0.007% del bilancio annuale dello Stato.
Vi aggiorneremo nei giorni a venire sull’eventuale rinvio o sulla conferma. Al momento, vista la situazione straordinaria, è tutto in dubbio.