“Non lasciare mai che una crisi diventi un’opportunità sprecata”
"Non lasciare mai che una crisi diventi un'opportunità sprecata". Frase diventata famosa e che oggi suona come un monito.

“Non lasciare mai che una crisi diventi un’opportunità sprecata”
Il capo di gabinetto di Barack Obama, Rahm Emanuel, pronunciò questa frase nel 2008 a ridosso della crisi finanziaria che sconvolse il mondo. Frase diventata famosa e che oggi diventa un monito per tutti.
Un monito soprattutto per le nostre élite politiche e per quelle europee perché questa pandemia sta cambiando la politica che si è congelata e sembra vivere un momento di stasi all’apparenza giustificato dal contrasto al coronavirus. Ma se è vero che bisogna restare a casa e rispettare le regole, anche quelle più stringenti, questo vale per i comuni mortali e non per chi rappresenta il potere. La missione della politica è paragonabile a quella dei sanitari e di quanti non hanno lasciato il proprio posto di lavoro per contrastare il contagio o per rendere servizi utili alla comunità: ma cosa fa oggi la politica tranne alcuni casi di connessione solidale e nobile?
Se ne sta a casa apaticamente, ogni tanto qualcuno emerge dallo squallore della quarantena per lanciare anatemi e invettive a chi viola le regole e a chi esce senza necessità. Giusto, giustissimo. Però a me sembra che queste esplosioni spesso anche volgari e violente sono usate solo per nascondere i veri problemi che questa pandemia ha messo in evidenza e che la politica quando sarà costretta a scongelarsi di fronte ad una crisi economica senza simili dovrà giocoforza affrontare (Sistema sanitario ridotto in ginocchio, strumenti sociali e di equiparazione dei diritti civili inadeguati e incapaci di tener conto della realtà) .
Sorrido amaramente rispetto alle scenate di qualche politico che si accorge solo ora dell’abusivismo nel mondo del lavoro o quando ci si preoccupa degli assembramenti per le feste di laurea ma arrivo a piangere quando un paese come il nostro deve fare i conti con un sistema economico che ha distrutto il sistema produttivo legato all’agricoltura e all’ allevamento.
Il coronavirus si sta diffondendo a macchia di leopardo e produce effetti molto differenziati fra territori, settori, categorie occupazionali. E al loro interno si nascondono situazioni difformi e casuali tra famiglia e famiglia, impresa e impresa, lavoratore e lavoratore.
Il governo ha affiancato alle misure sanitarie decreti e provvedimenti di sostegno economico. E proprio questo segnerà lo scioglimento della politica. Evitare il contagio, garantire le cure, sconfiggere il virus sono diventati le priorità comuni di tutti i politici e di tutti i paesi. Ma tutto cambia quando si tratta di definire chi sono le vere vittime della crisi economica e come sostenerle nella ripresa.
Perdonatemi ma il welfare messo in campo e gli aiuti alle imprese pensati sono veramente strumenti inadeguati e incapaci di dare loro il “la” per ripartire. E se i politici non sono capaci di rendere questa crisi una opportunità emergerà un divario crescente fra domanda di protezione e capacità di risposta. Tutte le parti sociali non riusciranno ad aggregare, mediare, ed interpretare le esigenze di intere fette di cittadinanza aprendo così alla protesta sociale e alla mobilitazione politica in cerca di facili capri espiatori.
Nella fase iniziale dell’epidemia soprattutto sui social e sul web si è riversato un flusso straordinario di manifestazioni di solidarietà che si sono nella maggior parte dei casi concretizzate in azioni forti di coesione sociale, quest’ ultima potrebbe consentire di gestire fase 2 in modo costruttivo. Ad esempio come dice Maurizio Ferrera elaborando una sorta di piano Beveridge (il progetto che rivoluzionò le assicurazioni sociali britanniche nel dopoguerra) per razionalizzare e rafforzare il welfare italiano. Ed infine adottando schemi di condivisione dei rischi a livello europeo, come premessa per un ambizioso piano Marshall di rilancio dell’economia.
Io però vedo l’orizzonte scuro allo stato attuale non vedo politici come Roosevelt del New Deal o Winston Churchill che profetizzava: “Il politico diventa uomo di stato quando inizia a pensare alle prossime generazioni invece che alle prossime elezioni.”
Vedo invece troppi amministratori nascosti a protezione come sempre del proprio io che trovano troppo tempo per commentare o lanciare anatemi per presupporre che stiano lavorando per il futuro.
MARIA MICHELA ACAMPORA