Attenzione! App “Immuni”: serve o no?
Molto presto sarà scaricabile l'app "Immuni", che secondo il Governo sarà l'arma in più per limitare i contagi nella fase 2. L'opinione dell'avv. Di Capua.

Il Governo Conte nel suo ultimo decreto, ha previsto, per la cd fase 2, un nuovo strumento anti COVID-19: un applicazione chiamata “Immuni”, da scaricare sui nostri telefoni cellulari che dovrebbe servire (nel caso restassimo contagiati) a tracciare tutti i nostri contatti e quindi i potenziali contagi.
L’applicazione, dopo una prima bozza di decreto nella quale era anche “obbligatoria”, è stata ora prevista come “volontaria”.
Con questa “app” i dati dell’ utente rimangono sul proprio dispositivo, con un ID temporaneo che viene scambiato con i dispositivi vicini tramite Bluetooth. I cittadini scaricano l’app, che crea un registro dei contatti che contiene una pluralità di informazioni personali e, se ci sono sintomi di contagio, l’utente riceve un codice con cui scarica su un server del Ministero della Salute i numeri identificativi di coloro con i quali è venuto in contatto nei giorni precedenti, che poi, a loro volta dovrebbero essere o “isolati” o “tamponati”.
L’ app, a mio avviso, è inutile, tardiva e pericolosa.
Inutile, in quanto, con il nostro assenso, già possiamo attivare sui nostri smartphone la funzione di geolocalizzazione e rendere tracciabili tutti i nostri spostamenti in tempo reali, senza bisogno di altre app, e risalire quindi ai contatti avuti day by day.
Gli anziani poi, che sono notoriamente i più colpiti dal virus, sono anche i meno avvezzi agli smartphone, e quindi molti di loro non la scaricherebbero comunque, ammesso che abbiano dei telefoni cellulari in grado di supportarla.
E’ tardiva, poiché giunge con notevole ritardo rispetto alla oramai conclusa fase emergenziale, e non serve a scongiurare eventuali ulteriori contagi, che potrebbero essere contenuti solo attraverso una più capillare diffusione dei tamponi.
Penso, infine che sia soprattutto antidemocratica e pericolosa.
Anzitutto perché, ogni misura che vada a violare la nostra privacy, deve essere disposta con una legge, ossia con un voto preventivo del Parlamento, che in questo caso non c’è stato.
Ma non è solo una questione di forma.
L’app “Immuni”, è composta di 2 parti: una destinata al “contact tracing”, cioè a tracciare tutti i nostri spostamenti, e l’altra che rappresenta un “diario clinico” per annotare in tempo reale eventuali sintomi compatibili con il virus.
Si è fatto entrare dalla finestra ( …dell’ emergenza ) ciò che non sarebbe mai potuto legalmente entrare dalla porta ossia una strategia di mappatura diffusa.
Ciò che però mi lascia perplesso, è che si finirà per tracciare non solo i nostri spostamenti, (e quindi tutti i nostri contatti, le nostre abitudini, profilando a nostra insaputa le nostre scelte religiose, i nostri orientamenti politici etc.), ma che si potranno acquisire i nostri dati biosanitari, riservatissimi e preziosissimi, che fino ad oggi, le potenti lobby economiche farmaceutiche e sanitarie hanno cercato di accaparrarsi, più o meno lecitamente, per sviluppare le loro ricerche, in funzione del mercato e quindi del profitto.
Secondo quanto precisato poi nel decreto Bonafede, il server che conterrà tali dati, dovrebbe distruggerli entro il 31 12.2020.
E se venissero copiati prima di essere distrutti? I nostri dati “sensibili” sono quanto di più prezioso esista oggi sul mercato, più dell’ oro, degli stupefacenti, dei rifiuti, del petrolio, perché l’informazione è potere!
Vogliamo davvero credere che essi saranno assolutamente inaccessibili e che non si rischi che possano essere anche utilizzati per finalità diverse e inconfessabili (come le ultime indagini sulle presidenziali Usa stanno già evidenziando)?
Vogliamo davvero credere che queste piattaforme assicurino il totale rispetto delle garanzie di anonimato, anche a chi gestisce il server ed ha quindi le chiavi della cassaforte?
Perché allora fino ad oggi, anche i più moderni sistemi di blockchain con criptazione dei dati ed autodistruzione automatica, non sono mai stati ritenuti sufficienti ad assicurare la privacy necessaria per creare e gestire un “fascicolo telematico del paziente “ nel quale conservare tutta la storia clinica e medica , risparmiando cosi miliardi in inutili duplicazioni di esami, analisi ed indagini diagnostiche?
E non bastano intercettazioni legali ed illegali, trojan horse inviati sui p.c. per carpire le nostre comunicazioni, algoritmi elaborati per conoscere ed orientare i nostri acquisti, a limitare la nostra privacy ?
E solo perché nell’ attuale sistema digitale già subiamo quotidianamente questo furto di dati, dovremmo rinunciare a riflettere o a provare a tutelare meglio i nostri diritti ?
Non credo si tratti solo di questioni ideologiche o peggio di sterili dibattiti politici – che sinceramente mi appassionano molto poco. Si tratta, piuttosto, di conservare il beneficio del dubbio, per non cedere supinamente altre quote, del nostro inviolabile diritto alle libertà personali.
LELLO DI CAPUA